Mostra

‘A NOSTRA IMMAGINE’

Scultura in terracotta del Rinascimento da Donatello a Riccio

Padova, Museo Diocesano, 15 febbraio – 27 settembre 2020

La mostra, allestita nelle Gallerie del Museo Diocesano al piano terra, è la naturale conclusione del progetto Mi sta a cuore: prevede infatti l’esposizione delle sculture in terracotta restaurate, che per l’occasione sono portate al Museo. Queste opere, insieme ad altre provenienti dal territorio e da collezioni pubbliche e private, sono inserite in un percorso espositivo che segue un criterio sia tematico che storico artistico.

Il tema di fondo è quello dell’Incarnazione: dai bassorilievi di grande tenerezza materna raffiguranti la Madonna con Gesù Bambino, in origine destinati per lo più alla devozione personale, alle sculture a tutto tondo con la Madonna col Bambino in trono, collocate sugli altari delle chiese e degli oratori, si giunge alle scene di Pietà e di Compianto su Cristo morto, dove prevale l’espressione della sofferenza e dell’umana compartecipazione al dolore, fino alla raffigurazione del Risorto che rappresenta la vittoria della vita sulla morte, e dei santi che con la loro testimonianza hanno dato continuità al messaggio cristiano.

Nello stesso tempo la mostra intende tracciare un percorso attraverso la storia della scultura in terracotta a Padova da Donatello al primo Cinquecento, esponendo opere di alcuni protagonisti quali Bartolomeo Bellano, Giovanni de Fondulis, Andrea Riccio, anche con la presenza di sculture un tempo presenti nel territorio padovano e ora in collezioni pubbliche e private.

Praticata e apprezzata nel mondo antico, come ci testimonia Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia, durante il Medioevo la plastica fittile conosce un lungo periodo di oblio: oltre che naturalmente come materiale da costruzione e per la produzione di vasellame, la terracotta viene impiegata quasi esclusivamente per realizzare elementi decorativi architettonici, spesso prodotti in serie, e rarissime sono le testimonianze di rilievi o sculture anteriori al XV secolo.

È a Firenze, e segnatamente in quella fucina di talenti che fu la bottega di Lorenzo Ghiberti, che avviene la “rinascita” della terracotta ed è soprattutto Donatello a decretarne la diffusione, insieme alla scultura in bronzo, a Firenze, Siena e Padova: una scelta tecnica che per l’artista fiorentino è programmatico recupero dell’antichità e allo stesso tempo campo di sperimentazione di nuove potenzialità espressive.

Prima ancora dell’arrivo di Donatello a Padova verso la metà del secolo, altri toscani giungono in Veneto e contribuiscono a rendere familiare l’impiego della plastica figurativa, inserendosi in contesti ancora legati alla cultura del gotico internazionale: Michele da Firenze, coetaneo di Donatello e come lui uscito dalla bottega di Ghiberti, lavora a Verona, in Emilia e nel Polesine negli anni trenta e quaranta del Quattrocento; Nanni di Bartolo, formatosi presso Donatello nel cantiere dell’Opera del Duomo di Firenze, dal 1424 è a Venezia e si trattiene in Veneto per circa un decennio, lavorando tra la città lagunare e Verona; Niccolò Baroncelli, ancora un allievo di Donatello, dal 1434 al 1443 è a Padova dove è impegnato in una serie di lavori in pietra e terracotta di cui restano purtroppo solo frammenti.

In quello stesso anno 1443 Donatello approda a Padova e allestisce un’operosa bottega accanto al cantiere della Basilica antoniana, nella quale lavorano suoi allievi giunti dalla Toscana quali Giovanni da Pisa e Francesco del Valente, e padovani come Nicolò Pizolo e il giovanissimo Bartolomeo Bellano. Mentre, presente ancora Donatello in città, per l’altare della Cappella Ovetari agli Eremitani si lavora alla prima pala unificata in terracotta del Quattrocento veneto, la bottega del maestro fiorentino elabora bassorilievi destinati ad essere inseriti nelle pareti di chiese, oratori e abitazioni private, raffiguranti per lo più la Madonna con Gesù Bambino, un tipo di produzione di carattere devozionale ma spesso di alta qualità e dipendente da modelli dello stesso Donatello, che trova diffusione in città e nel contado.

Diretto continuatore del linguaggio donatelliano a Padova è Bartolomeo Bellano, che dopo un’esperienza in Toscana a seguito dell’anziano maestro rientra in città nel 1468, e lavora indifferentemente la pietra, il legno, la terracotta e il bronzo, fino alla morte avvenuta tra il 1496 e il 1497. Negli stessi anni sulla scena padovana aveva fatto il suo ingresso Giovanni de Fondulis, un artista che solo in anni recenti gli studi stanno mettendo a fuoco quale personalità chiave nello sviluppo della plastica padovana dopo la partenza di Donatello. Originario di Crema ma attivo a Padova forse già dagli anni sessanta del Quattrocento, Giovanni innesta la sua iniziale formazione lombarda sul sostrato donatelliano e si afferma come uno dei protagonisti della scultura padovana in terracotta, un ruolo che la mostra intende evidenziare esponendo alcune opere fondamentali del suo catalogo.

È forse nella bottega di Giovanni de Fondulis, e in quella di Bartolomeo Bellano, che verso la fine del secolo si forma come scultore il giovane Andrea Briosco detto il Riccio, dopo un apprendistato in quella del padre, l’orefice trentino Ambrogio di Cristoforo. Al termine di un processo di elaborazione culturale iniziato con il cantiere donatelliano al Santo, sullo scorcio del Cinquecento Riccio raccoglie le istanze intellettuali dell’elite degli umanisti padovani e le traduce in un linguaggio colto e raffinato, scevro dagli accenti espressionisti dei Bellano e de Fondulis e teso verso una classica nobiltà, nutrito di riferimenti al mondo antico e pagano anche nel modellare soggetti religiosi e destinati alla devozione. È la stagione dell’umanesimo cristiano che a Padova fiorisce proprio con Riccio nei primi decenni del Cinquecento, e che la Controriforma cattolica di lì a poco spazzerà via per sempre, mentre la terracotta cesserà di essere apprezzata come linguaggio autonomo, complice l’idea di scultura intrisa di neoplatonismo propugnata da Michelangelo e raccolta da Giorgio Vasari nelle sue Vite.

Si chiude così una stagione particolarmente creativa e feconda nella storia della scultura padovana e del patrimonio culturale diocesano, che questa mostra intende raccontare al grande pubblico, offrendo insieme un’occasione di meditazione davanti a immagini di grande forza emotiva, come già accaduto con le mostre L’uomo della croce. L’immagine scolpita prima e dopo Donatello (14 settembre - 22 dicembre 2013) e Donatello svelato. Capolavori a confronto (28 marzo - 26 luglio 2015).

Allo stesso tempo la comunità scientifica avrà sicuro interesse nell’osservazione ravvicinata di opere solitamente collocate in luoghi distanti e talora poco accessibili, e nello studio delle sculture restaurate, alcune per la prima volte presentate al pubblico.

Durante il periodo di apertura della mostra saranno organizzati incontri di approfondimento e percorsi di visita in città e nel territorio, per portare il pubblico nelle chiese dove ancora le sculture si conservano, a cominciare dal Compianto della chiesa di San Pietro in Padova, una delle opere sottoposte a restauro per l’occasione.

La mostra è promossa e organizzata dalla Diocesi di Padova, con la collaborazione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso, e del Centro Interdipartimentale di Ricerca, Studio e Conservazione dei Beni Archeologici, Architettonici e Storico-Artistici – CIBA dell’Università di Padova.


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